Fare un cammino da soli o in compagnia?

La giornata di oggi, con le vicissitudini da tappa medio-lunga che si sono susseguite, ha messo più volte in discussione la tesi secondo cui un cammino va fatto da soli.
Intanto, cosa significa fare un cammino da soli? Partire soli oppure percorrere le tappe in solitudine totale?
Io credo che significhi solamente partire soli.

Radure illusorie poco dopo la partenza, una rarità della terza tappa

Durante il cammino peregrinante si incontrano così tante persone, si condivide una parte di strada, la cena o addirittura qualche tappa, che estraniarsi da tutto quanto significa non averne colto il senso. Essere lontani dall’anima del cammino fa perdere di valore l’impegno preso e compiuto.

Vista sulla Valle Tiberina in cammino per Montecasale

Detto questo, partire da soli presuppone che l’intenzione del pellegrino sia ricercare profondi momenti per se stesso.
Non c’è da temere: si ha sempre la possibilità di ricrearsi spazi isolati durante la giornata. I ritmi del percorso sono vari e subiscono mille alterazioni nel lasso di tempo dedicato al peregrinare.
Ci sono momenti di riflessione profonda in cui ascoltarsi, abbandonarsi alla natura che ci circonda, mettere le cuffie e ascoltare buona musica, leggere. Altri momenti sono di scambio con chi ci sta affiancando, con nuovi incontri siano singoli o gruppi, possono diventare goliardici, semplicemente leggeri, interessanti opportunità di conoscenza di altri viaggiatori, ecc.

Emozionanti passaggi a strapiombo sulla Valle Tiberina

Per chi parte in gruppo o in coppia è diverso: la possibilità di estraniarsi e sentirsi in isolamento per più di un attimo è rara se non da escludere totalmente. Il gruppo solitamente è un’aggregazione festosa che si autoalimenta e al tempo stesso crea vincoli.

Chiostro dell’Eremo di Montecasale

Continuo a pensare che sia meglio partire da soli per affrontare un cammino nel quale soli veramente non vi si sentirà mai.
Per me è stato bello scoprire come appoggiarsi agli altri durante una tappa difficile sia un incredibile aiuto psicologico per continuare a camminare. Ho sentito la fiducia crescere verso persone che altrove sarebbero dei semi sconosciuti. Ho capito che chiedere aiuto non è un disonore. Ho sentito preoccupazione a sapere di amici persi fuori tracciato. Ho vissuto io stessa preoccupazione per aver perso il sentiero. Ma se ne esce… sempre. Come? Chiedendo aiuto. Confrontandosi.

Forse far sempre tutto da soli rende le cose solamente più complesse di quanto non sarebbero se condivise.
Che il cammino di San Francesco da La Verna ad Assisi mi stia portando consiglio e si faccia metafora di vita vera a poco a poco?

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