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Senegal, giorno 6: feriti di “guerra”

by Federica Beretta

Piedi distrutti, notti insonni, infezioni e pance sottosopra. Degli scarti umani, ma sempre attivi: schiena dritta e sorriso. Tanto possiamo sempre ricorrere all’assicurazione sanitaria!

I nostri fisici europei si sgretolano con una certa rapidità in territorio senegalese e ci accorgiamo di essere imparagonabili rispetto alla resistenza fisica degli africani.
Ci sono mille insidie per la nostra salute, niente di troppo pericoloso, ma situazioni cui prestare attenzione.

Certo, evitiamo di bere l’acqua dai rubinetti e preferiamo quella delle taniche, ma i denti li laviamo sotto la doccia e i piatti al nuovo rubinetto in terrazza. Ci sembra clorata dall’odore di disinfettante che emana, ma chi può dirlo con sicurezza?
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Camminiamo in infradito nella sabbia tutto il giorno e ci scontriamo quotidianamente con la più grande problematica locale: l’incapacità di smaltire correttamente i rifiuti.
Ai lati delle strade ci sono i più svariati tipi di immondizia, i bambini giocano con qualunque cosa trovino a terra e sotto la sabbia si nascondono macerie e oggetti taglienti dei più inimmaginabili.

Un taglio è immediatamente a rischio infezione, una pomata e una fasciatura sono poco efficaci con quell’umidità e la sabbia a sporcare continuamente la ferita e così si finisce per trascinarsi la cosa per giorni.
La mia ferita alla caviglia è guarita completamente solo una settimana dopo il rientro in Italia, era un ricordo, mi ci ero affezionata!

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Il caldo notturno, l’afa che non permette di respirare, il continuo svegliarsi per cercare posizioni migliori o cedere alla tentazione di una doccia apparentemente ristoratrice sono l’ulteriore difficoltà per il fisico.
Non si riposa mai bene, per fortuna c’è chi a scuola riesce a rigenerarci e a farci ritrovare forze perdute, per poter andare avanti con loro!

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